01/10/08
Editoriali a cura di Mauro Marin - Medico di Medicina Generale - Pordenone

Le mutilazioni genitali nelle immigrate
Prevenzione e gestione sanitaria contro le pratiche illegali

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Le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF), secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), includono tutte le procedure che alterano o danneggiano intenzionalmente gli organi genitali per motivi non medici.

Si stima attualmente che 100-140 milioni di bambine vivano con le conseguenze delle MGF. Solo in Africa circa 3 milioni di bambine l'anno sono a rischio di MFG, procedure che non offrono benefici di salute né alle ragazze né alle donne che le hanno subite, causando sanguinamenti severi, problemi genito-urinari, e nel tempo, complicanze al parto e morti neonatali.

Le MFG si effettuano spesso in giovani donne, principalmente nel periodo che va dall’infanzia a 15 anni. La prevalenza stimata in alcune regioni del Nord Africa è del 95-97% di tutta la fascia di popolazione femminile compresa tra 15 e 45 anni (1).

A livello internazionale le MGF sono considerate come una violazione dei diritti umani delle donne e dell’infanzia, in quanto non rispettano il diritto alla salute degli individui, la loro integrità fisica e il loro diritto a non subire procedure crudeli, disumane o degradanti.

L’OMS ha recentemente classificato tutte le varie procedure che esitano in MGF in quattro tipi:
1. Clitoridectomia: rimozione parziale o totale del clitoride e raramente del prepuzio
2. Escissione: rimozione parziale o totale del clitoride e delle piccole labbra, con o senza escissione delle grandi labbra
3. Infibulazione: restringimento della vagina e creazione di un orifizio coperto, mediante cucitura con riposizionamento delle piccole e grandi labbra, con o senza rimozione del clitoride
4. Altre: tutte le altre procedure sui genitali femminili eseguite per motivi non medici (es. punture, piercing, incisioni, tagli e cauterizzazioni delle aree genitali)

Nel 1997 l’OMS ha pubblicato un documento (1) condiviso con l’UNICEF e il Fondo Mondiale delle Nazioni Unite (UNFPA) contro la pratica delle MGF che è stato recentemente rivisto con ampio supporto delle Nazioni Unite e pubblicato a febbraio 2008 con l’intento di aumentare l’impegno da parte delle istituzioni e di tutti gli attori dei sistemi sanitari a supporto delle iniziative atte a favorire l’abbandono delle MGF.

Il medico di famiglia è spesso il primo sanitario a contatto con le famiglie di immigrati provenienti da paesi africani, asiatici e arabi dove le MGF sono antiche pratiche derivanti da false credenze e radicate convenzioni sociali diverse a seconda delle varie etnie, ma inaccettabili nei paesi occidentali. Pertanto egli deve conoscere l’esistenza di queste pratiche, i paesi dove sono radicate, il significato attribuito dalle loro culture, la composizione delle famiglie immigrate assistite per identificare eventuali bambine a rischio per MGF, le norme che vietano queste pratiche per informare sull’illegalità e dannosità delle MGF e le complicanze delle MGF che richiedono interventi sanitari di primo e secondo livello.

In Italia, la legge n. 7 del 22 dicembre 2005 (in GU n.14 del 18.1.2006), in merito alla prevenzione e al divieto di mutilazioni genitali femminili, ha istituito il reato specifico di mutilazione genitale femminile con gli artt. 583-bis e 583-ter del codice penale:
• Art. 583-bis: chiunque cagiona una mutilazione genitale femminile (MGF) è punito con la reclusione da 4 a 12 anni. Si intendono come MGF la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione (con cucitura dell’ostio vulvare) e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo.Il reato sussiste anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia oppure quando la MGF è eseguita su cittadino italiano o su straniero residente in Italia.
• Art. 583-ter: il sanitario che commette il reato di MGF è soggetto inoltre alla pena accessoria dell’interdizione dalla professione da 3 a 10 anni.
La pratica delle mutilazioni a fini diversi da quelli terapeutici è vietata anche dall’art. 52 del codice di deontologia medica del 2006 e dai principi previsti dagli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.

Le MGF sono pratiche abituali in diversi paesi dell’Africa centrale e orientale (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Gibuti, Mali, Nigeria, Somalia, Sudan, Uganda), in parte del Golfo Persico, Indonesia, Iran, Malesia, Oman, Yemen e nelle comunità di immigrati in circa 3 milioni di bambine. Spesso le MGF sono praticate in età infantile, nell’adolescenza e sono ripristinate per richiesta dei familiari dopo le gravidanze che deinfibulano durante l’espulsione del feto le donne infibulate.

Il significato attribuito dalle diverse culture etniche alle mutilazioni genitali femminili è vario. Spesso le MGF sono motivate da antiche tradizioni sociali e religiose, ma in realtà nessuna legge o precetto religioso li prescrive.

Le MGF sono considerate convenzioni sociali etniche che attribuiscono alle bambine e alle loro famiglie uno status sociale di identità culturale, onore e appartenenza al gruppo etnico e rappresenta per loro tutela della verginità e garanzia di matrimonio. Pertanto la non osservanza della pratica comporta una condanna sociale con emarginazione dal proprio gruppo etnico di appartenenza.

Accanto a donne immigrate già sottoposte a MGF e alle loro famiglie che difendono comunque le loro tradizioni e che vanno informate con fermezza, ma senza giudicare, ci sono donne immigrate convinte dell’inutile pericolosità e illegalità di queste pratiche che vanno sostenute e indirizzate, bambine a rischio che vanno segnalate ai servizi sociali e al giudice tutelare dopo aver sensibilizzato sul problema i loro genitori.

Le complicanze delle MGF dipendono dal tipo di mutilazione e dalle modalità con cui è stata praticata.

Si distinguono in precoci, dopo l’intervento e tardive.
Le complicanze precoci sono rappresentate prevalentemente da infezioni, emorragia e deiscenza della ferita. Le complicanze tardive sono di più comune riscontro in quanto rappresentano la motivazione per cui queste donne si presentano dal medico, anche se spesso non collegano i loro sintomi alla MGF subita oppure sono restie a parlare dei loro disturbi genitourinari.

Le complicanze tardive più frequenti sono: dismenorrea, dispareunia, disuria, vaginiti e cistiti ricorrenti, infezioni pelviche, urolitiasi, ematocolpo, cisti, ascessi, cheloidi, infertilità.
Il trattamento delle complicanze delle MGF prevede spesso anche un intervento chirurgico ripartivo che tende a ricostruire l’anatomia normale dei genitali mutilati, la deinfibulazione (Agg Med 2006, 30: 278-285). L’intervento migliora il flusso urinario e mestruale e riduce il rischio di complicanze infettive.

Un importante ruolo del medico di famiglia è quello di informare anche i componenti maschili delle famiglie di immigrati sui rischi e sull’illegalità delle MGF e sull’utilità del loro trattamento ed indirizzare le pazienti con MGF ai centri specialistici di riferimento locali.
Tutte le donne immigrate, anche se irregolari, hanno diritto di accedere a questi centri del SSN.
I diritti degli immigrati in Italia sono riassunti nella circolare n. 5 del 24.3.2000, applicativa del DLgs n. 286 del 25.7.1998.
Le prestazioni sanitarie sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani. L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.

Bibliografia
1. World Health Organization – Eliminating Female genital mutilation: An interagency statement Geneva; 2008
Riferimenti
• Protocollo di intesa per la prevenzione della circoncisione rituale clandestina – Ministero della Salute e delle Politiche sociali.
• Sportello Arcobaleno - programma di assistenza e informazione per gli immigrati finanziato dal Ministero della Solidarietà sociale: www.sportelloarcobaleno.it - tel. 800.912637.
• Centro OMS per la Medicina del Turismo e della Migrazione - (tel. 0541.24301-fax 0541.25748) fornisce informazioni su questioni sociali e sanitarie degli immigrati che riguardino in particolare: Centri di Volontariato, Enti pubblici e privati competenti in materia, Istituti Universitari di malattie infettive.
• Per ulteriori informazioni:
Centro per la prevenzione e cura delle MGF - Dipartimento di Ginecologia, Università di Firenze, Careggi, Firenze, e mail: lucreziacatania@yahoo.it