Somalia
- maggio 2008 |
SOMALIA 5/5/2008 ore 20.11 - CAROVITA: PROTESTE A MOGADISCIO |
Si
è conclusa con un bilancio provvisorio di due morti e diversi
feriti fra i manifestanti la massiccia dimostrazione
contro l’eccessivo aumento dei prezzi avvenuta oggi a Mogadiscio
con epicentro al mercato di Bakara, principale zona commerciale della
capitale. Lo riferiscono fonti della MISNA sul posto, precisando che la
maggior parte dei dimostranti è tornata a casa al calar della notte
ma che è ipotizzata una nuova manifestazione per domani. Nel pomeriggio,
mentre il clima era molto teso e si segnalavano tafferugli, alcune fonti
di stampa internazionali avevano parlato di cinque persone uccise dalla
polizia. Nelle ultime settimane i prezzi dei beni alimentari di
base sono raddoppiati o triplicati. “Lo stipendio di un insegnante,
che guadagna 3 milioni di shilling somali, l’equivalente di 64 euro,
non basta per vivere una settimana” dice alla MISNA una fonte da
Mogadiscio. |
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SOMALIA 5/5/2008 ore 22.13 - RILASCIATI KENIANI DEPORTATI, ASSOCIAZIONI ACCUSANO DI TORTURE |
Sono
stati rilasciati oggi e deportati in Somalia, 11 musulmani arrestati alcuni
mesi fa e detenuti nelle carceri etiopiche. Lo rivela la stampa locale
secondo cui sarebbero ancora 19 i keniani, detenuti nelle carceri di Addis
Abeba e Awasso. La notizia è collegabile a episodi di sequestro
e detenzione illegali, più volte denunciati dalle organizzazioni
per i diritti umani, ad opera delle autorità etiopiche
ai danni di cittadini keniani e somali, accusati di legami con le deposte
Corti islamiche, che governarono a Mogadiscio e in buona parte
del sud della Somalia, tra il giugno e il dicembre 2006. Secondo le poche
informazioni che le associazioni sono riuscite a raccogliere, i prigionieri,
arrestati senza alcuna accusa formale, tra gennaio e febbraio, lungo la
frontiera tra Somalia e Kenya, ma anche in alcuni quartieri di Nairobi
(vedi archivio MISNA), apparterrebbero a 18 diverse nazionalità
e si troverebbero in centri di prigionia in Somalia, Etiopia e a Guantanamo.
“Le 11 persone rilasciate sono state trasportate da Awesso (Etiopia)
a Baidoa (Somalia) dopo aver subito un processo davanti a una corte marziale”
ha detto Amin Kimathi, capo del Forum musulmano per i diritti umani in
Kenya, secondo cui “alcuni sono diventati sordi, due sono
paralizzati e uno ha perso un occhio” a causa dei maltrattamenti
subiti durante la prigionia. Intanto, le autorità
del Puntland hanno estradato e consegnato all’Etiopia 13 cittadini
somali accusati di aver legami con la ribellione dell’Ogaden, regione
dell’Etiopia a maggioranza etnica somala teatro da decenni di una
ribellione separatista. Secondo la stampa locale anche un membro
anziano della regione del Puntland (regione settentrionale e semiautonoma
della Somalia) è stato arrestato dalla polizia domenica mattina,
dopo aver condannato – in un’intervista alla ‘Bbc’
– l’arresto arbitrario di diversi civili, in seguito estradati
in Etiopia. |
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SOMALIA 6/5/2008 ore 9.10 - COLLOQUI DI PACE: OPPOSIZIONE PARTECIPERÀ NOSTANTE ATTACCO AMERICANO |
I
movimenti dell’opposizione somala hanno annunciato che parteciperanno
ai colloqui di pace con il governo di Mogadiscio, previsti per
la fine del mese a Gibuti, nonostante il bombardamento compiuto
la scorsa settimana dalle forze statunitensi a Dhusamareb, e costato la
vita ad Adan Hashi Ayro, capo militare degli ‘shebab’ (letteralmente
‘giovani’), considerati il braccio armato delle Corti Islamiche,
e ad almeno altre 15 persone. “Parteciperemo ai colloqui
sostenuti dalle Nazioni Unite – ha detto Sheikh Sharif Shaikhg Ahmed,
guida dell’Alleanza per la liberazione della Somalia (Ars), in un’intervista
all’emittente araba Al Jazira – nonostante gli americani abbiano
bombardato la nostra gente”. Dopo l’attacco, in cui sarebbero
rimasti coinvolti anche diversi civili, il portavoce degli ‘shebab’
ha reiterato il rifiuto del gruppo di unirsi alle consultazioni e secondo
informazioni non confermate, circolate in queste ore nel paese, il
movimento avrebbe deciso di includere il personale umanitario straniero
in Somalia tra gli ‘obiettivi legittimi’ della guerriglia.
Se confermata, la nuova strategia delle milizie somale potrebbe
costituire un ulteriore rischio per il personale delle organizzazioni
che operano sul terreno. |
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SOMALIA 6/5/2008 ore 12.02 - CAROVITA: PROSEGUONO MANIFESTAZIONI A MOGADISCIO, NUOVE VITTIME CIVILI |
Sono
scesi in strada per il secondo giorno consecutivo gli abitanti della capitale,
Mogadiscio, per protestare contro l’impennata dei prezzi dei prodotti
alimentari e l’eccessiva svalutazione della moneta, lo shilling
somalo. Lo riferiscono alla MISNA fonti sul posto, precisando che la folla
si trova ora principalmente nell’area occidentale della città
e che i dimostranti si dirigeranno probabilmente, come ieri, verso il
grande mercato di Bakara, principale zona commerciale. Ieri, quattro o
cinque persone sono state uccise durante disordini, apparentemente per
mano della polizia intervenuta per impedire saccheggi e attacchi contro
negozi. Nel frattempo, altri due civili sono stati uccisi da una granata
lanciata da un gruppo di insorti contro un’unità di poliziotti
che ha mancato il bersaglio. Oltre alle difficoltà economiche,
da almeno due anni Mogadiscio vive ogni giorno in un clima di violenza
a causa del conflitto fra il governo di transizione appoggiato dall’esercito
etiopico e forze resistenti, legate al movimento delle Corti islamiche.
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SOMALIA 6/5/2008 ore 16.29 - VIOLENZE E ABUSI AI DANNI DI CIVILI, LA CONFERMA DA UN NUOVO RAPPORTO |
“Gli
attacchi contro i civili devono finire immediatamente. La comunità
internazionale deve cambiare atteggiamento e fare finalmente pressioni
sul governo di transizione (Tfg) e sulle autorità etiopiche affinché
i loro soldati non compiano ulteriori violazioni dei diritti umani”.
E’ l’esortazione contenuta nel rapporto ‘Routinely
targeted: attacks on civilians in Somalia’ diffuso oggi dall’organizzazione
umanitaria internazionale Amnesty International sulla crisi umanitaria
e la situazione dei diritti umani nel paese. “In Somalia
la popolazione civile subisce omicidi, torture e stupri; i saccheggi sono
diffusi e interi centri abitati vengono distrutti”, chiarisce il
documento, di 32 pagine, presentato oggi a Nairobi. Secondo le testimonianze
di decine di sopravvissuti al conflitto in corso,a partire dal novembre
al dicembre del 2007, i soldati etiopici, le forze del governo di transizione
(gft) e i gruppi armati si sono resi sempre più spesso responsabili
di omicidi di civili. Le testimonianze raccolte, “fanno
ritenere, in tutta evidenza, che ci troviamo di fronte a crimini di guerra
e forse anche a crimini contro l’umanità - ha sottolineato
Michelle Kagari, vicedirettore del Programma Africa dell’organizzazione
– di cui nessuno è chiamato a rispondere”. La situazione
umanitaria nel paese, secondo il rapporto “peggiora di giorno in
giorno e la sicurezza in molte zone di Mogadiscio è del
tutto inesistente”. Amnesty sottolinea inoltre che il governo
è il primo responsabile della protezione dei diritti umani di tutti
i cittadini, “ma anche l’esercito dell’Etiopia, che
sta dando un sostegno fondamentale all’esecutivo, deve assumersi
delle responsabilità”. Accuse, quelle contenute nei racconti
di oltre una settantina di testimoni, per la maggior parte rifugiati in
Kenya, Hargeisa e Somaliland, seccamente smentite dal governo
di Addis Abeba, secondo cui “Amnesty si sta trasformando nel portavoce
degli ‘Shebab” (milizie armate ritenute vicine alle deposte
Corti islamiche, ndr), ma che in realtà vengono rivolte
da mesi ai militari etiopi, così come a quelli governativi, che,
costretti a far fronte a una guerriglia particolarmente dura, hanno ripetutamente
coinvolto civili nelle loro operazioni. Il 19 aprile scorso, Amnesty aveva
diffuso un comunicato in cui accusava truppe etiopiche in Somalia di aver
attaccato una moschea a nord di Mogadiscio e ucciso almeno 21 fedeli accusati
di connivenza con la ribellione somala. Sull’episodio è in
corso un’indagine ma nessun presunto colpevole sarebbe stato ancora
individuato. Al termine della conferenza di oggi, Amnesty – che
ha sollecitato un’applicazione più rigorosa dell’embargo
sulle armi alla Somalia - ha chiesto che il mandato della missione
di peacekeeping dell’Unione Africana nel paese (Amisom) includa
la protezione dei civili. |
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SOMALIA 6/5/2008 ore 17.01 - CAROVITA: MANIFESTAZIONI, COMMERCIANTI ACCETTANO VECCHIA MONETA |
È
molto più calma rispetto a ieri l’atmosfera della manifestazione
contro il carovita e la svalutazione della moneta, lo shilling somalo,
che per il secondo giorno consecutivo ha portato migliaia di persone in
strada a Mogadiscio. Secondo fonti della MISNA contattate in città,
oggi non si sono registrate vittime mentre fonti giornalistiche internazionali
parlano di cinque feriti in un quartiere meridionale della capitale, dove
la polizia avrebbe aperto il fuoco su dimostranti che stavano saccheggiando
macchine e lanciando pietre su una pattuglia. Al mercato di Bakara, principale
piazza di scambio commerciale della capitale e dell’intero paese
(e teatro dei principali disordini di ieri), alcuni commercianti, sotto
pressione, hanno deciso di accettare di nuovo lo shilling somalo: nei
giorni scorsi avevano rifiutato di farsi pagare in divisa nazionale sostenendo
che era troppo svalutata e chiedevano dollari o una nuova moneta in circolazione
nella regione semi-autonoma del Puntland, portata nel resto del paese
dai negozianti e che ha suscitato il malcontento generale. Oggi
un dollaro si scambia contro 31.000 shilling, 6000 in più rispetto
a ieri. I prezzi dei cereali sono triplicati nell’ultimo anno in
Somalia, già colpita da un conflitto con gravi conseguenze
umanitarie e dagli effetti dei cambiamenti climatici. |
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SOMALIA |
11/6/2008 ore 8.30 - ACCORDO DI GIBUTI, MOLTE SPERANZE NONOSTANTE UNA VOCE CONTRO |
Un
passo avanti sicuramente non risolutivo ma comunque estremamente positivo:
questa, in sintesi, la reazione quasi unanime raccolta dalla MISNA dopo
aver interpellato fonti della società civile somale, ma anche delle
associazioni umanitarie locali e di esponenti politici somali e internazionali
sull’intesa siglata ieri a Gibuti tra il Governo federale di transizione
(Tfg) e i principali esponenti dell’opposizione politica riuniti
nell’Alleanza per la ri-liberazione della Somalia (Ars). “L’aspetto
centrale dell’accordo è che non si limita a contenere dichiarazioni
politiche sulla cessazione delle ostilità, sul ritiro dei soldati
etiopici o sulla prosecuzione del dialogo, ma stabilisce la creazione
di due organismi incaricati di proseguire il confronto e verificare che
i punti dell’accordo di Gibuti vengano rispettati” dice alla
MISNA un diplomatico occidentale che ha chiesto di restare anonimo, riferendosi
al “Comitato di Sicurezza Congiunto” (incaricato di “perseguire
gli obiettivi di sicurezza”) e al “Comitato di Alto Livello”
(creato “per vigilare sulla cooperazione politica tra le parti e
sulle questioni della giustizia e della conciliazione”) previsti
nel punto 8 dell’accordo. Secondo la stessa fonte, l’intesa
siglata a Gibuti costituisce un buon punto di partenza per far “marciare
più speditamente” il processo di pace messo a punto da quei
settori, sia somali che internazionali, che intendono trovare una soluzione
al caos in cui versa l’ex-colonia italiana da ben 17 anni, da quando
cioè nel 1991 venne rovesciato il dittatore Siad Barre. Nei 10
giorni di colloqui che hanno preceduto la firma dell’accordo, governo
somalo e opposizione politica hanno messo a punto con i rappresentanti
delle Nazioni Unite e dei paesi e delle organizzazioni internazionali
presenti alla trattativa (tra cui spicca il ruolo positivo dell’Arabia
Saudita e della Lega Araba) un complesso sistema di accordi che in sostanza
vede, per la prima volta, camminare insieme verso una soluzione della
crisi i principali protagonisti della crisi somala (governo e opposizione)
e la comunità internazionale, a cominciare dalle Nazioni Unite
e da quel Consiglio di Sicurezza più volte in passato accusato
di “immobilismo” nel risolvere la questione somala. “L’accordo,
più che un punto d’arrivo, è un punto di partenza,
un viatico per arrivare a una soluzione politica della crisi e a una vera
riconciliazione della Somalia” dice una fonte del governo somalo,
non autorizzata a parlare con la stampa e per questo anonima, sottolineando
i precisi riferimenti temporali contenuti nell’intesa e che la trasformano
in un documento programmatico per la pace. Se i comitati di applicazione
dell’accordo, entrambi presieduti dalle Nazioni Unite, dovranno
nascere entro 15 giorni, entro il 9 di luglio le parti dovranno arrivare
a una formale cessazione delle ostilità. Oggi esponenti dell’ala
più radicale dell’opposizione politica hanno già fatto
sapere di non riconoscere l’intesa, annunciando il proseguimento
della lotta armata, ma si tratta degli stessi esponenti che non avevano
riconosciuto la mediazione delle Nazioni Unite e quindi non avevano partecipato
ai colloqui. Di fatto un’altissima percentuale dell’opposizione
politica somala ha sottoscritto l’accordo di Gibuti, un dato non
secondario dal momento che il Segretario Generale dell’Onu nel suo
ultimo rapporto sulla Somalia aveva chiesto che almeno il 60% degli oppositori
sottoscrivesse un accordo col governo prima di valutare seriamente la
possibilità di inviare una forza di interposizione internazionale.
“La situazione sul terreno non cambierà da un momento all’altro,
e anzi nelle prossime settimane rischia di peggiorare per i colpi di coda
dei movimenti più radicali, ma molte delle formazioni attive in
questi mesi nella lotta armata al governo di transizione fanno capo a
uomini o gruppi che hanno sottoscritto l’accordo” aggiunge
l’esponente governativo somalo, preannunciando una diminuzione delle
violenze e l’isolamento delle frange più oltranziste dell’opposizione.
Secondo indiscrezioni, infine, sul ritiro dei soldati etiopici - entrati
in Somalia alla fine del 2006 a fianco del governo di transizione per
cacciare le Corti Islamiche e da allora rimaste sul terreno e percepite
sempre più come una forza d’occupazione straniera dalla gente
– l’accordo di Gibuti godrebbe anche di una sorta di beneplacito
di Addis Abeba, dove non pochi vedrebbero di buon occhio il ritiro dei
propri soldati dal pantano somalo. L’esercito etiope, considerato
da alcuni braccio armato di interessi internazionali, si è reso
protagonista negli ultimi mesi di crescenti episodi violenti ai danni
soprattutto di civili e di un uso sproporzionato e indiscriminato della
forza in aree densamente abitate. “Mogadiscio è divisa: la
maggioranza della gente ha accolto con soddisfazione le notizie dell’intesa
e spera fiduciosa in un ritorno della pace in città e nel paese,
altri invece credono che i ‘falchi’ presenti sia nel governo
che nell’opposizione riusciranno ad affossare ogni speranza di dialogo.
D’altronde in molti in questi anni di guerra in Somalia hanno tratto
beneficio dal caos” dice in conclusione Ali Mohalim Mohamed, vicedirettore
di uno dei principali ospedali della città.(di Massimo Zaurrini)
|
Accordo tra il Governo federale di transizione della Somalia (Tfg) e l’Alleanza per la Ri-Liberazione della Somalia (Ars) |
Nel
nome di Allah, il più benevolo e il più misericordioso |
Gruppi osservatori:
Unione Africana, Lega degli stati arabi, Organizzazione della conferenza
islamica, Unione Europea. |
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SOMALIA |
1/7/2008 ore 21.34 - EMERGENZA ALIMENTARE: PRIMI DECESSI PER FAME |
I combattimenti, la siccità e l’aumento dei prezzi dei generi alimentari stanno provocando un aumento dei casi di malnutrizione avanzata nel paese; “senza aiuti alimentari urgenti una carestia come quella del 1992 è molto probabile” ha detto Pascal Hundt, capo delegazione di una missione del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr/Icrc) al rientro a Ginevra da un viaggio in Somalia dove ha constatato sintomi di malnutrizione nei pazienti di cinque ospedali nel paese. Il prezzo del riso e dell’olio si è moltiplicato per sei dalla fine dello scorso anno, ha aggiunto Hundt, ricordando che oggi mezzo milione degli otto milioni di somali dipende da aiuti alimentari per la sopravvivenza e che la Somalia è il terzo paese tra quelli in cima della lista della Croce Rossa dopo Sudan e Iraq. Il centro del paese è quello più colpito dalla siccità e a rischio carestia; qui la Croce Rossa ha già fatto giungere 400 camion con riserve d’acqua e ha distribuito 32.000 milioni di tonnellate di cibo suffienti per i prossimi quattro mesi. L’operatore umanitario ha messo in relazione il peggioramento delle condizioni di sussistenza alimentare con l’aggravarsi del conflitto interno dal 2006, con l’intervento delle truppe etiopiche al fianco delle forze governative, una presenza mal sopportata dalla popolazione locale. “Le cifre parlano da sole” ha detto Hundt, riferendo che lo scorso anno sono stati ricoverati negli ospedali del paese 4300 feriti di guerra, il doppio rispetto al 2006. Nelle ultime settimane si sarebbero già avuti i primi decessi per fame. |
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SOMALIA |
8/9/2008 ore 11.42 -UCCISI DUE INSEGNANTI A MOGADISCIO, VIOLENZE ALLA FRONTIERA CON IL KENYA |
Due
insegnanti sono stati uccisi questa mattina in due diversi scontri a fuoco
avvenuti a Deynile, alla periferia nord di Mogadiscio. Secondo testimoni,
la prima vittima, un maestro di lettura del Corano è stato ucciso
da un gruppo di uomini armati che hanno fatto irruzione nella scuola coranica
in cui insegnava, mentre la seconda è stata raggiunta da colpi
d’arma da fuoco mentre si recava al lavoro. Non sono ancora chiare
le cause dei due omicidi che vanno ad aggiungersi alle violenze perdurate
durante tutto il fine settimana nella capitale somala. Ieri i residenti
della zona ‘Chilometro quattro’, sulla strada che porta verso
l’aeroporto internazionale, hanno riferito di un attacco di insorti
ai danni di una pattuglia di caschi verdi della missione di peacekeeping
dell’Unione Africana (Amisom). “Abbiamo respinto gli assalitori
senza sostenere vittime” ha confermato un portavoce militare qualche
ora più tardi, precisando che nei combattimenti sarebbero rimasti
feriti quattro civili. Ma le violenze non restano confinate nella capitale
e la polizia keniana ha informato di un attacco, avvenuto ieri
nei pressi del campo profughi di Mandera, lungo la frontiera con la Somalia,
in cui sarebbero morte cinque persone, tra cui tre civili. “Sospettiamo
si tratti di gruppi armati somali – ha detto il comandante della
polizia locale – ma finora le nostre ricerche non hanno dato risultati”.
Nell’attacco altre sette persone sarebbero rimaste ferite e diverse
case date alle fiamme; gli assalitori hanno rubato fucili e munizioni
alle guardie dislocate nei pressi del campo dove vivono ammassati migliaia
di profughi somali. |
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