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Kenya realizzerà la sua prima centrale nucleare nel 2022, saranno
quattro nel 2031 |
[ 27 marzo 2012 ] Il Kenya ha annunciato che nel 2022 costruirà la sua prima centrale nucleare da 1.000 MW e che entro il 2031 ne realizzerà altre tre. Il tutto in un Paese ancora poverissimo, percorso da una delle più attive fosse tettoniche terrestri, la Rift Valley, formata dalla separazione delle placche africana ed araba e che sta soffrendo una fortissima siccità che sembra destinata ad aumentare con l'inasprimento del cambiamento climatico. Ma il governo di Nairobi ha detto che il nucleare è necessario perché il bisogno di elettricità dei kenyani raggiungerà i 15.026 MW e che le centrali atomiche dovrebbero contribuire a soddisfarne il 19%. Il presidente esecutivo del Nuclear electricity project committee del Kenya, Ochillo Ayacko, ha detto che «La necessità di introdurre l'energia nucleare nel mix energetico del Kenya viene dal bisogno di sicurezza energetica del futuro e dal bisogno di diversificare le fonti di produzione di elettricità nel Paese. La domanda di elettricità è costantemente in rialzo, con l'aumento ad un tasso medio dell'8% all'anno nel corso dei 5 ultimi anni». Naturalmente, per tranquillizzare i Paesi vicini che non vedono di buon occhio l'avventura atomica di Nairobi (visto anche il recente attivismo militare con ambizioni da potenza regionale), Ayacko ha giurato che «la decisione del Kenya di lanciarsi in un programma nucleare deve basarsi sull'impegno ad utilizzare l'energia nucleare a fini pacifici ed in maniera sicura e in sicurezza». Il Kenya ha reso noto che gli esperti dell'International atomic energy agency (Iaea) aiuteranno il governo a condurre uno studio di fattibilità ed anche a sviluppare le sue capacità di produrre energia nucleare: «Il Kenya è sulla buona strada per rispondere ai 19 punti necessari per ottenere l'approvazione dell'Iaea», alla quale il Kenya aderisce dal 1966, ed ha già firmato diversi trattati e convenzioni dell'Agenzia nucleare dell'Onu. Il Kenya sta forzando i tempi (probabilmente anche a fini nazional-elettorali) visto che il lancio dell'avventura nucleare è avvenuto solo nel dicembre 2011 proprio con l'istituzione del comitato formato da 13 membri presieduto da Ayacko, incaricato anche di individuare il sito dove dovrebbe sorgere la prima centrale nucleare del Paese e di sovrintendere alla realizzazione di una roadmap per il suo avvio. Il ministero dell'energia ha accantonato 300 milioni di scellini kenyani per l'avvio del progetto e il ministro dell'Energia, Kiraitu Murungi, presentando il Comitato nucleare aveva spiegato: «Il governo si sta imbarcando nel progetto di produzione di energia nucleare a causa delle frustrazioni che il Paese ha vissuto affidandosi alla produzione di energia basata sui carburanti termici e l'idroelettrico. Sono entrambi costosi e inaffidabili, e dobbiamo diversificare le fonti di produzione di energia se il Paese vuole soddisfare la domanda crescente di energia elettrica». Il Kenya avrebbe enormi risorse rinnovabili, a cominciare dalla geotermia, dall'eolico e dal solare, ma attualmente produce molta della sua energia con risorse idroelettriche, sempre più inaffidabili a causa della siccità, e spesso è stato costretto ad utilizzare generatori termici alimentati a gasolio per soddisfare la maggior parte del suo fabbisogno di energia elettrica, con le bollette che hanno subito forti aumenti. Ma l'acqua sarà naturalmente un grosso problema anche per il nucleare, a meno che non si intenda realizzare le 4 centrali nucleari lungo la costa turistica e densamente abitata dove gli ultimi spazi rimasti intatti sono i Parchi nazionali e le riserve naturali. Il ministro Kiraitu, negando l'evidenza, ha addirittura detto che il costo per la costruzione di una centrale nucleare «sarà relativamente basso in confronto al resto. Un'analisi dei costi della produzione di energia delle varie fonti indica che l'elettricità nucleare comanda il più alto ordine di merito economico», ha detto cancellando con un colpo di spugna statistiche, studi e realtà. Secondo i calcoli fatti dal governo kenyano nel 2011 «una centrale nucleare per produrre 1.000 megawatt costerebbe 280 miliardi di scellini (3,5 miliardi di dollari), e i consumatori pagherebbero 0,00684 centesimi di dollari per kilowattora in più. In confronto, un impianto geotermico da 1.000 MW costerebbe 400 miliardi di scellini (5 miliardi di dollari) ed i consumatori pagherebbero una tassa più elevata di 0,0084 centesimi di dollari. Una centrale a carbone di potenza simile costerebbe 160 miliardi di scellini (2 miliardi di dollari), ma con una tariffa più elevata per i consumatori di 0.00954 centesimi di dollaro per kilowattora». Il Kenya ha una capacità produttiva installata di 1.300 MW e una domanda che attualmente raggiunge già i 1.200 MW, e cresce al ritmo dell'8% ogni anno. La domanda è destinata a crescere costantemente fino a raggiungere i 15.000 MW nei prossimi 20 anni, soprattutto perche il governo nel suo "Kenya's economic blueprint, Vision 2030" prevede una impetuosa (ma abbastanza improbabile) crescita del settore industriale. Per allora si prevede che la capacità produttiva di elettricità abbia raggiunto i 18.000 MW, con un "ragionevole" 20% di margine tra potenza installata e domanda. «La potenza nucleare sarà a quel punto pari a 7.000 MW dei 18.000 MW installati entro il 2030», ha detto Kiraitu. Nonostante l'arretratezza tecnologica e l'assoluta mancanza di esperienza tecnica e scientifica in campo nucleare del Kenya, Ayacko ha promesso «che il Nuclear electricity project impiegherà le migliori pratiche nella gestione delle sfide che vengono da una centrale nucleare, compreso lo smaltimento delle scorie e la sicurezza della centrale elettrica una volta che sia stata costruita. Il nucleare è stato identificato come un must per il Kenya nel mix di produzione di energia. Le sfide che verranno con il progetto sono universali, e utilizzeremo le migliori pratiche per gestirle, inclusi i migliori metodi di smaltimento delle scorie. Le prenderemo in prestito dai mercati che hanno centrali nucleari e che utilizzando i migliori standard». Forse i kenyani dovrebbero farsi spiegare da francesi, britannici, americani, tedeschi e russi quali sono davvero le pratiche per smaltire le scorie e che quelle "migliori" non esistono, e dai Giapponesi che fine hanno fatto con il terremoto /tsunami dell'11 marzo 2011 quelle che erano considerate le migliori pratiche al mondo di sicurezza delle centrali nucleari. |