“C’è un bel sole, fa caldo e la situazione è tranquilla. Per la prima volta da giorni la gente sta tornando a sorridere. Mi sbaglierò ma credo che l’incubo sia finito. Le persone non ce la fanno più, sono stanche di questa tensione e di questa violenza e hanno voglia di tornare a una vita normale”: così padre Renato ‘Kizito’ Sesana, missionario comboniano da anni in Kenya, descrive alla MISNA il clima che si registra nella capitale keniana questa mattina. “Abbiamo passato una notte tesa, giravano voci di possibili attacchi, ma fortunatamente non è successo niente. La manifestazione di questa mattina non si è tenuta. Per quel che ho potuto vedere in giro c’era qualche centinaio di manifestanti e la polizia presidiava già dall’alba la zona intorno all’Uhuru Park. A parte questo, nel giro in centro che ho fatto stamani ho visto una Nairobi normale con i negozi riaperti e la gente a far la spesa” aggiunge ancora il missionario. A stemperare la tensione anche le notizie delle molte mediazioni in corso per tentare di raggiungere un accordo tra i politici protagonisti di questa crisi, iniziata con i forti toni utilizzati in campagna elettorale ed esplosa dopo l’annuncio dei risultati ufficiali che hanno dato una contestata vittoria al presidente uscente Mwai Kibaki. Una crisi che oltre ad aver provocato la morte di un numero ancora imprecisato di persone, ma il numero di oltre 300 in circolazione appare verosimile, il ferimento di migliaia e lo sfollamento di oltre 100.000 ha trasformato uno dei paesi apparentemente più ‘solidi’ (economicamente e politicamente) del continente africano in una “repubblica delle banane”, come si legge oggi in un editoriale di Fred Mudhai pubblicato oggi sul ‘Daily Nation’ col titolo: “Non uccidete i vostri fratelli e le vostre sorelle per la salvezza di un’elite politica”. [MZ]