E’ stata una giornata calma a Nairobi e nel resto del paese hanno confermato alla MISNA diverse fonti locali: il primo giorno di relativa tranquillità seguito alle violenze dell’ultima settimana e arricchito dalla significativa presenza a Nairobi dell’arcivescovo anglicano e premio Nobel per la pace Desmond Tutu. Il presule sudafricano ha incontrato il presidente Mwai Kibaki, capo del Partito di unità nazionale eletto al suo secondo mandato, e Raila Odinga, capo del Movimento democratico ‘Arancio’ (Odm) che ha contestato il risultato del voto accusando i rivali di brogli elettorali. A Tutu, entrambi gli uomini politici hanno assicurato la volontà di collaborare per trovare una soluzione e, come riferito dallo stesso arcivescovo, un governo di coalizione potrebbe essere la soluzione: “Il presidente – ha detto Tutu – non è contrario alla formazione di una coalizione che deve essere chiaramente preceduta dalla consapevolezza che esiste una legittima autorità nel paese” ovvero dall’accettazione del risultato delle elezioni. “La speranza è grande perché sia l’Odm che il partito di Kibaki hanno riferito di essere disposti a trattare; è vero, stanno ancora ponendo condizioni... ma penso che ci sia questa volontà” ha aggiunto Tutu. I due politici non si sono ancora incontrati, ma tutto lascia però pensare – hanno riferito fonti locali alla MISNA – che la diplomazia possa fare il suo corso sfruttando anche il ritorno alla normalità del paese. “Quel che manca adesso – ha detto alla MISNA padre Joseph Otieno, missionario della Consolata che si trova a Kisumu, nell’ovest del paese – sono acqua e generi di prima necessità. I disagi sono poi resi meno sopportabili per l’interruzione delle vie di comunicazione a causa di veicoli e tronchi d’albero che ostacolano la circolazione”. A Kisumu e nelle aree circostanti abitate in prevalenza da keniani di etnia luo – la stessa di Odinga – si sono verificati nei giorni scorsi gli incidenti più gravi con i kikuyu (la tribù di appartenenza di Kibaki), i kissi e i kamba presi di mira dai luo. A Nairobi oggi sono circolate anche voci rivelatesi per ora prive di fondamento – non dissimili da altre diffuse nei giorni scorsi da chi ha gonfiato gli eventi – su episodi efferati come il pasaggio di auto su corpi di Kikuyu uccisi e abbandonati sulla strada. “In realtà sono stati saccheggiati alcuni esercizi commerciali di proprietà di kikuyu e di indiani che hanno già abbandonato l’area” ha detto ancora alla MISNA padre Joseph sottolineando che nessuna abitazione privata è stata invece attaccata e aggiungendo che poliziotti ugandesi (la regione è confinante) hanno collaborato con le forze di sicurezza keniane per riportare la situazione alla normalità. A Kisumu e nella vicina Kakamega la gente sembra così aver ripreso la consueta vita quotidiana; come a Nairobi dove è nuovamente fallita questa mattina per la seconda volta la manifestazione indetta da Odinga nonostante i divieti di polizia e governativi. “A questo punto, la soluzione è quella di avere Kibaki e Odinga pronti a sedersi a un tavolo e disposti a dialogare senza pre-condizioni” ha detto alla MISNA il pastore metodista Samuel Kobia, keniano e segretario generale del World Council of Churches (in italiano Consiglio ecumenico delle Chiese), un movimento ecumenico che raccoglie 347 chiese di diverse confessioni cristiane (cattolici, protestanti, ortodossi) in 110 paesi. Per Kobia, in realtà, una interpretazione semplicemente ‘etnica’ degli scontri seguiti alle elezioni sarebbe fuorviante: “Si tratta di violenze etniche politicamente motivate, causate dalla politica e dalla strumentalizzazione di differenze tra comunità che esistono ma che non generano attriti a meno, appunto, di interferenze esterne”. La cronaca della giornata, tenuto conto della richiesta di Odinga di indire nuove elezioni entro tre mesi - respinta da Kibaki - si conclude con la visita a Nairobi di Jendayi Frazer, vice-segretario di stato americano con delega per l’Africa, che dovrebbe avere incontri su entrambi i fronti politici. Kibaki ha però nel frattempo più volte ribadito che la soluzione della crisi è tutta interna al Kenya, che l’intervento della comunità internazionale non è necessario, che l’Africa dispone comunque di risorse sufficienti per trovare la chiave di volta che aggiusti gli equilibri di un paese considerato fino a poco tempo fa un modello di stabilità per il resto del continente.[GB] |