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Economia e Politica, Brief

Sono ben 139 i partiti registratisi finora per correre alle elezioni generali previste per il prossimo dicembre in Kenya, facendo così del paese africano uno di quelli con la quota più elevata di movimenti politici al mondo. Rispetto ai 40 iscritti nei registri pubblici dell’anno scorso, il numero è praticamente triplicato e il fenomeno diventa davvero singolare se si pensa che il Kenya ha 33 milioni di abitanti, mentre per esempio la Nigeria, con i suoi 120 milioni di persone, ha ‘solo’ 50 partiti, senza parlare della Tanzania che ne conta 19 o dell’Uganda che ne ha otto. In particolare sono ‘fioriti’ una serie di partiti che contengono la parola ‘orange’ (arancio) nel nome, per assonanza con l’‘Orange democratic movement Kenya’ (Odm Kenya) in cui militano i principali capi dell’opposizione come Raila Odinga. Soltanto un’imitazione vanta invece la Narc, ‘Coalizione nazionale arcobaleno’, partito del presidente Mwai Kibabki che al momento detiene la maggioranza in parlamento con 122 seggi. Secondo politici ed esperti, la proliferazione di partiti e partitini è dovuta alla divisione interna di alcuni movimenti, alla volontà di esprimere proprie istanze da parte di gruppi etnici o poteri regionali, all’errata convinzione che lo Stato finanzierà qualsiasi partito ufficiale se il parlamento adotterà una legge in materia attualmente in discussione ma anche a semplici motivi di profitto: sembra che alcuni si siano affrettati a registrare un partito qualsiasi per poterlo poi ‘rivendere’ ad aspiranti politici disperati perché non sono riusciti a farsi candidarsi all’interno del proprio gruppo. Kibaki ha comunque cercato di minimizzare la questione, invitando la popolazione a non preoccuparsi troppo del dilagare delle formazioni politiche, e ribadito che il governo non può controllare il numero dei partiti, perché “non sarebbe democratico".
[CO]