Anno 2000

Storie di medici sulle piste africane
Bisturi e fango
di Marco Bello
Operano in capanne di paglia. Praticano la "chirurgia essenziale", sconosciuta in Italia, e vogliono diffondere la professione nei villaggi più sperduti dell'Africa.
Per salvare alcuni di quei 500 mila morti all'anno di "povertà estrema".
Non senza frustrazioni.

Una scelta di coerenza
È il caso di Pino Bollini, medico esuberante di Merate, dallo scorso marzo al Catholic Hospital di Sololo in Kenya.
Pino ha scelto di restare "senza particolari vincoli di tempo".
Per capire bisogna guardare la sua storia. Sedici anni fa arrivava in Kenya con la moglie e due figli di 8 e 10 anni, per lavorare in un progetto di due anni e mezzo. Rientrato in Italia ha continuato a occuparsi d'Africa con missioni brevi. Ma non era più lo stesso. "Non farmi dire cose che non riesco a esprimere. Non è il mal d'Africa, è l'incapacità a stare in Italia" sostiene e si spiega: "Le ingiustizie ci sono qui come là. Di fronte a certi problemi, per esempio presentati alla televisione, puoi reagire in modi diversi: non puoi fare nulla, allora cambi canale; puoi dare mille lire, le dai; puoi fare di più: ti ci butti".
Ed è quello che ha fatto lui, a due anni dalla pensione si è dimesso dal posto di responsabile del pronto soccorso di Merate, dopo 24 anni di servizio e ha cercato un'occasione. L'ha trovata a Sololo.
"Nell'ottica di restare per lungo tempo anche i problemi pensi di risolverli con un orizzonte diverso" pensa a sua moglie che non ha ancora potuto raggiungerlo in Kenya. Mi dice (in modo molto colorito) che Sololo è un posto difficile. Sperduto vicino al confine con l'Etiopia, c'è la siccità, c'è una guerriglia tra tribù che coinvolge i due paesi.
Ti piace?
"Se mi piacesse sarei masochista".
E allora?
"È una scelta di valori, la mia storia si consuma nel tentativo di coerenza".

La figlia maggiore, laureata, sta frequentando un master sulla cooperazione internazionale "Io non centro". Pino allarga le braccia. Il figlio è all'università. "Li ho messi in condizione di andare avanti, poi ho detto loro "Adesso faccio il medico povero".

Il metodo che predilige è quello di "mettere l'uomo nelle condizioni di fare delle scelte, dargli il diritto a vivere e alla salute". Ascoltare, cercare di capire il problema. Per poi proporre diverse soluzioni, dando loro la libertà di scegliere. "Certo non vado a portare la mia civiltà - il medico si scalda, quasi si arrabbia - ma solidarietà, conoscenza e scambio reciproco".

Non mancano le storie più incredibili. Come quando Pino fece partorire una donna in gravi condizioni su una pista di terra, in piena notte, tentando di raggiungere un ospedale. Alcuni giorni dopo, in una lettera, ricordava gli stati d'animo del momento: "I miei calcoli, anche i più ottimistici, sono saltati tutti. Non so rispondere. Forse prego; forse mi chiedo perché mi trovo in una simile situazione da incubo. …
Cosa ci faccio qui, di notte in mezzo al deserto?".