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Ciò che provo questa sera, è un profondo senso di solitudine. Qualcosa che avvolge interiormente e svolge la funzione di anestetico. Una solitudine che da pace e nello stesso tempo è dolore misto a desiderio di fuga. Pace con te stesso e con gli altri. Non ho debiti, ne mi sento in credito con qualcuno.
Dolore per una società, la nostra, che non riesco più a vedere efficace, attiva, giovane e veramente interessata all’altro; oltre alle vuote parole che pronuncia. Non giudico. Osservo dal mio parziale punto di viste e misuro il dolore che provoca. I Borana concederanno il perdono consuetudinario; la riconciliazione è parte della loro cultura. Però il danno non potrà più venire riparato e neppure più risarcito. Fuga. Fuggire da questa realtà è impossibile. Lo sguardo del povero mi accartoccia le budella facendomi esplodere dentro una insaziabile fame di Giustizia. Una violenta pretesa di Giustizia. Una violenza con la quale urlare il più forte possibile la richiesta di Aiuto. Chè qualcuno provi con oggettiva equità ad ascoltare, verificare, fare qualcosa … Questo tormento non da pace. Cessa anche la la pace, della quale parlavo sopra, lasciando il posto al tormento; al desiderio di andare contro tutti. Armati di sole parole e di fede in un Dio, del Quale oggi neppure comprendo il Suo disegno. Un Dio, certo vincitore finale, che è sì Bontà; è sì Misericordia; ma è anche ... Giustizia.


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