Somalia,
uccisa suora italiana si teme la vendetta integralista
Agguato a Mogadiscio, due giorni fa l´anatema contro il
Papa
l´attentato
Suor Leonella Sgorbati freddata a colpi di pistola da un commando
L´attacco fuori dall´ospedale dove lavorava. Morta anche la
guardia del corpo
Era in Africa da oltre 30 anni: formava infermieri per assistere donne
e bambini
FRANCESCA CAFERRI
La rabbia degli integralisti
islamici per le parole pronunciate da Benedetto XVI all´università
di Ratisbona potrebbe aver fatto la prima vittima: una suora italiana,
Leonella Sgorbati, 66 anni, dell´ordine delle Missionarie della
Consolata, è stata uccisa ieri a colpi di pistola all´uscita
dell´ospedale in cui lavorava a Mogadiscio. Fonti locali hanno spiegato
all´agenzia Reuters che «ci sono alte probabilità»
che l´omicidio sia legato alle violenze esplose in tutto il mondo
musulmano dopo il discorso del Papa. Le consorelle della suora uccisa
hanno fatto sapere di «non avere elementi» per collegare le
due vicende e le Corti islamiche - le milizie vicine al fondamentalismo
islamico che controllano Mogadiscio da giugno - hanno ufficialmente condannato
l´omicidio, ma il sospetto che la morte della suora sia una reazione
di fondamentalisti accecati dalla rabbia resta.
Suor Leonella è stata raggiunta da tre proiettili di pistola nel
breve tratto di strada che separa i due edifici che compongono il complesso
ospedaliero in cui lavorava: ferita gravemente, è morta in sala
operatoria. È deceduta invece sul colpo la guardia del corpo che
la accompagnava. A sparare sono stati due uomini che attendevano nascosti
dietro una macchina: i due sarebbero stati arrestati.
La religiosa era in Somalia dal 2002: insieme a cinque consorelle prestava
servizio nell´unico ospedale pediatrico della città, gestito
dall´ong austriaca SOS. Incaricata di formare gli infermieri era
rientrata nella capitale, che aveva lasciato per una vacanza in Italia,
da poco, dopo aver atteso per mesi il permesso dalle Corti. Prima di arrivare
a Mogadiscio aveva lavorato per oltre trent´anni in Kenya. Le suore
erano le uniche cooperanti italiane, e fra le poche internazionali, rimaste
in città: avevano deciso di rimanere anche nelle fasi più
dure dei combattimenti degli ultimi mesi.
Le Corti islamiche, per bocca dello sceicco Muktar Robow, vicecapo della
sicurezza, hanno immediatamente condannato l´assassinio, definito
un atto «barbaro e contrario agli insegnamenti dell´Islam»,
ma i sospetti di un legame con le polemiche dei giorni scorsi restano.
Due giorni fa nel nord della Somalia un leader religioso aveva invitato
i fedeli a vendicarsi dei cattolici: «Chiunque offende il nostro
profeta Maometto dovrebbe essere ucciso dai musulmani che si trovano nella
possibilità di farlo».
Un messaggio distante dalla linea ufficiale delle Corti islamiche, impegnate
a dimostrare al mondo di aver ricondotto Mogadiscio alla normalità
e agli stranieri che la città è ormai un luogo sicuro: diversi
atti - fra cui ieri la dispersione a colpi di pistola di una piccola folla
che si era radunata per vedere una partita di calcio - sembrano però
smentire questa ipotesi. Le consorelle dell´uccisa non confermano
il possibile legame con il discorso del Papa e ieri a più riprese
hanno preferito ricordare i rischi che corrono i cooperanti che lavorano
a Mogadiscio e di cui suor Leonella era ben consapevole. «Non abbiamo
avuto nessun segnale nei giorni precedenti», ha detto per parte
sua Claudio Croce, dell´ufficio coordinamento regionale di SOS a
Nairobi.
Il corpo di suor Leonella è arrivato ieri sera a Nairobi, dove
sarà sepolto, a bordo di un aereo che ha portato in Kenya anche
le due religiose che con lei lavoravano a Mogadiscio. Da Roma, il presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano ha parlato della morte della religiosa
come di «crimine orrendo». A Nairobi l´ong SOS ha annunciato
la sospensione delle attività dell´ospedale dove operavano
le religiose: è possibile che la struttura, l´unica presente
in città per l´assistenza alle partorienti e ai neonati,
venga chiusa definitivamente.
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L´INTERVISTA
Mario Raffaelli, inviato del governo italiano per la Somalia
"Le religiose erano amate da tutti ma sapevano di essere
a rischio"
Non risultano tensioni con le Corti islamiche
Mario Raffaelli, inviato speciale
del governo italiano per la Somalia, è uno dei migliori conoscitori
della realtà di quel paese. A Mogadiscio è stato più
volte negli ultimi mesi per stabilire rapporti con i nuovi padroni della
città e per verificare le condizioni in cui operavano le suore
italiane.
Raffaelli, come legge l´omicidio di suor Leonella?
«È una cosa terribile. Le cinque suore della Consolata erano
rimaste a Mogadiscio durante le fasi più dure dei combattimenti
e non si erano mosse neanche quando la linea degli scontri era arrivata
vicino al loro ospedale: si alternavano fra loro, facendo la spola con
Nairobi. Facevano un lavoro meraviglioso ed erano stimate da tutta la
popolazione: anche per questo non erano mai state coinvolte nei combattimenti».
Si parla di un possibile collegamento con la rabbia esplosa nel mondo
islamico per le parole del Papa a Ratisbona...
«Non abbiamo conferme in questo senso. Certo, la valutazione viene
automatica vista la situazione, ma non ci sono elementi precisi. C´è
stato è vero un discorso molto minaccioso nei giorni scorsi, ma
è stato pronunciato da un leader fondamentalista nel nord, non
a Mogadiscio. E la persona in questione non fa parte delle Corti».
Qual erano i rapporti delle suore cattoliche con la popolazione somala,
musulmana?
«Erano stimate da tutti. E suor Leonella era tornata a Mogadiscio
il 28 agosto, dopo aver ricevuto dalle Corti il permesso che ora occorre
a ogni straniero per entrare in città. A mia conoscenza non c´era
nessun elemento di tensione fra le suore e le Corti».
Ma potrebbe essere stato un estremista isolato...
«Tutto è possibile. Bisogna aspettare e poi valutare due
elementi: se è vero che hanno arrestato delle persone, bisogna
vedere cosa diranno questi sospetti. Fino a questo momento sappiamo solo
che non ci sono gli elementi di una rivendicazione ufficiale. E poi è
importante capire che posizione ufficiale prenderanno i leader delle Corti
nelle prossime ore».
Conosceva suor Leonella?
«Non di persona. Le avevo parlato al telefono diverse volte, perché
da Nairobi chiamiamo spesso per sapere come stanno le suore, e come procede
il loro lavoro. Sapeva di essere in una situazione a rischio, ma amava
quello che stava facendo ed era felice di essere utile in Africa. Era
molto presa dalla sua missione».
(fr. caf.) |