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In quel misero mercato, fatto di piccole bancarelle con poveri mucchietti di due, tre carote; qualche pomodoro; … quasi un gioco delle bambole, un vecchio si aggirava, appoggiandosi ad un bastone, sostenendo l’ombra di se stesso rimasto pelle ed ossa. Ho avuto l’impressione che guardasse le piccole arance che stavo comprando, così d’istinto gliene ho tese un paio. Le ha rifiutate chiedendo pochi spiccioli per comprarsi un thè. Quell’inatteso rifiuto mi ha indisposto: o le due arance o nulla. Ha preferito nulla e dignitosamente si è allontanato. Mi sono pentito; ma era già troppo tardi per rimediare. Quel vecchio continua a tornarmi in mente. In Italia non ho mai rifiutato un’offerta ad un anziano, anche quando sapevo che sarebbe andato a berla all’osteria. Ho sempre ritenuto che l’anziano, raggiunta una certa età, ne avesse il diritto. E’ la stessa età che testimonia quanto grande, bella o brutta che sia stata, deve essere l’esperienza accumulata in una lunga vita; ed è quella stessa età a dargli il diritto di scegliere in totale libertà. Anziano qui poi è la prova provata di essere riuscito ad invecchiare in questi contesti … per noi è inimmaginabile che razza di attributi occorra possedere per riuscire a farlo. Se ha rifiutato due arance e chiedeva un thè, certo aveva ragione lui. Io, mi sono eretto a giudice di cosa fosse meglio per lui. Con quale diritto e con quale autorità ? E per di più in un luogo che è casa sua. Mi sento in colpa; me ne pento chiedendo scusa a lui e al Dio che è anche in lui.


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