In breve ... a che punto siamo ?

Non ci sono solo belle notizie …

- Che il progetto fosse ad altissimo rischio di fallimento lo abbiamo sempre detto, fin dalla prima volta che la popolazione locale ce lo ha sottoposto richiedendocelo …
- Però altrettanto forte dicemmo quanto fosse necessario …
- Dicemmo che avremmo tentato perché, qualora anche non fossimo riusciti ad attivarlo, comunque gli aiuti raccolti sarebbero andati:
-nel costruire case,
-comprare animali e
-dare lavoro locale … ai più poveri tra i poveri.
sub-risultati questi, che comunque giustificavano, e giustificano, il continuare la raccolta degli aiuti.

Cosa è successo ?
Un po’ di cronaca:
Sololo, anno 2005
- in aprile, muore d'infarto P.Attilio Ravasi, amministratore della diocesi di Marsabit e fratello del Vescovo Mons Ambrogio Ravasi (La Diocesi è la proprietaria dell’ospedale e quindi necessaria controparte nei progetti che coinvolgono direttamente o indirettamente l’ospedale)
- a luglio, avviene la morte violenta del Vescovo di Isolo, non è correlata alle nostre attività, ma rende l'idea dell’aria del posto
- tre giorni prima, nel nostro villaggio di Torbi è avvenuta una strage. Scontro inusuale tra Gabra e Borana provenienti dall’Etiopia … oltre 100 i morti (40 i bambini)
- Il giorno stesso della strage, per vendetta, i passeggeri dell’auto della missione diretta a Marsabit vengono trucidati mediante lapidazione in un agguato a Bobissa … 9 i morti (2 bambini) ed un unico sopravvissuto che si è finto per tre giorni cadavere tra i cadaveri, tra questi anche quello della moglie e del figlio ...
- a settembre muore d’infarto il vice-amministratore dell’ospedale di Sololo: Dima … una storica preziosissima "istituzione" fin dalla nascita dell'ospedale ...

- a ottobre è saltata completamente la stagione delle piccole piogge e ... a febbraio inizia la carneficina ... L'emergenza (costo globale sostenuto: 78.255,95euro) si chiude con le piogge arrivate a Pasqua e il post-emergenza è ancora in corso prevedendo la sua fine non prima di dicembre prossimo.

Ufficio CCM/Nairobi:
- gestisce il coordinamento di tutti i progetti CCM nella regione del corno d’africa …
- il responsabile medico, lascia per un incarico alle Nazioni Unite.
- il responsabile amministrativo, lascia per seguire un master in Inghilterra.
- la responsabile locale dei rapporti e collegamenti logistici con Sololo, lascia per un posto presso UNICEF-Somalia
Un ufficio ben impostato può cambiare un suo personaggio senza particolari contraccolpi … ma quando è tutta la testa a staccarsi … fin troppo bene è andata come è andata.
Ricordo che necessariamente tutti i progetti a Sololo vivono grazie al cordone ombelicale che li lega all'ufficio CCM di Nairobi …

Villaggio Orfani
Stimavamo d'iniziare a costruire ed essere pronti ad accogliere gli ospiti con il nuovo anno …

Siamo in forzato ritardo.
Abbiamo ripreso a preparare l’area, diradando i cespugli, per poter costruire … Pensiamo di ultimare le costruzioni entro i primi mesi del prossimo anno e contiamo di ricevere subbito dopo i primi ospiti.

Nel frattempo, con parte dei fondi raccolti abbiamo fatto fronte anche all'emergenza legata alla siccità ... Durante l'emergenza c'era solo il CCM ed il Governo del Kenya a sotenerli.

Verrà attivato il villaggio ?
Oggi, non ho ancora elementi sufficienti per poterlo garantire.
Non smetteremo certo di batterci, ma ancora le incognite non sono poche.

Debbo ricordare l’importanza dell’autofinanziamento per questo progetto.

Cosa s'intendeo dire ?
Mi riferisco a quanto vi accennai un anno fa e che trovo ora ribadito, nel rapporto depositato nel novembre scorso a Roma. Rapporto contenente i risultati di una ricerca coordinata dal prof. Nicola Boccella condotta in collaborazione tra
-IPS Inter Press Service Via Panisperna 207 00184 Roma il
-CIDEM Università La Sapienza P.le Aldo Moro 5 Roma
-Facoltà di Scienze della Comunicazione Università La Sapienza Via Salaria 113 Roma

Ricerca, sostenuta dalla cooperazione italiana del Ministero Affari Esteri italiano, dal titolo “COMUNICARE LA COOPERAZIONE monitoraggio sulla risposta dei media italiani alle sollecitazioni provenienti dal settore della cooperazione allo sviluppo”
 
Scrive Paolo Beccegato (qui in stralcio) (cliccando qui vai al testo originale)

Nella maggior parte dei casi i finanziamenti destinati alle ONG e Agenzie Umanitarie provengono:
-dalle Istituzioni internazionali facenti riferimento alle Nazioni Unite,
-da Istituzioni sovranazionali quali l’Unione Europea,
-da Istituzioni nazionali governative e
-da Fondazioni private facenti riferimento solitamente a grandi gruppi finanziari.

Attraverso l’imposizione di una serie di vincoli, criteri e schemi,
-i finanziamenti
sono riservati a determinate aree geografiche,
-piani di sviluppo e progetti
molto spesso funzionali a strategie e interessi diretti o indiretti dei finanziatori, piuttosto che dei beneficiari.
 
L’autofinanziamento, è quella attività di raccolta popolare, “privata”, dei fondi necessari alla realizzazione dei progetti e alla sopravvivenza dell’organizzazione medesima.
Una disponibilità finanziaria propria, autofinanziamento, consente di pianificare, realizzare e sostenere nel tempo progetti che per varie ragioni non rientrano nei parametri di selezione delle istituzioni donanti,
Progetti che partano prima di tutto dal contatto con la realtà, dalla condivisione con gli ultimi, dall’ascolto e dall’osservazione dei loro bisogni.
 
Una buona autonomia decisionale è garantita soltanto dalle proprie risorse economiche.
L’analisi dei contesti, la lettura dei bisogni, l’impostazione dei progetti, lo stile di relazione con le controparti, la realizzazione dei programmi, anche se apparentemente non può sembrare, sono intrinsecamente legati alla provenienza dei fondi.
 
Ma l’autonomia decisionale si gioca non solo sui progetti.
Esiste un livello più alto in cui la libertà di pensiero, di parola e di azione non possono essere sottoposte a censure finanziarie.
E’ il livello in cui le organizzazioni della società civile interpretano quel ruolo che è loro proprio nelle società democratiche ovvero di partecipazione culturale e politica, controllo popolare e democratico sulle istituzioni, proposizione di nuove iniziative volte al miglioramento della qualità della vita, ricerca della giustizia a livello locale come internazionale.
 
Prima e imprescindibile condizione per lavorare a questo livello più alto è,
in termini teorici, la libertà di pensiero e,
in termini pratici, l’autonomia finanziaria.
 
Non ultima, vi è la considerazione del fatto che l’autofinanziamento, se organizzato con coscienza etica, rappresenta uno strumento privilegiato per la promozione di una cultura della solidarietà e della condivisione, a partire dalla conoscenza dei problemi e dei bisogni di una vasta porzione dell’umanità. Una solidarietà fattiva e partecipe ai drammi della gente come risposta etica e pratica sincera.
 
Su questo punto la constatazione della realtà, almeno quella maggiormente visibile, smentisce quanto appena affermato.
La raccolta fondi rischia di diventare sempre più spesso un mestiere affidato ad agenzie specializzate nel marketing d’impresa. In tale contesto il progetto di cooperazione può diventare solo una merce da vendere alla stregua e in concorrenza di altre. E’ così che si arriva alla proposizione di temi pietistici o di spettacolare drammaticità che puntano sull’emotività delle persone, sul moralismo semplificatore o sul vuoto eccentrico di alcuni personaggi televisivi.
Ciò contribuisce a consolidare la cultura del buonismo di massa come mezzo per l’addomesticamento sociale.
Il buonismo nella condotta morale così come il relativismo nell’etica, non servono ad altro che a soffocare le capacità di discernimento che invece andrebbero costruite e coltivate con pazienza attraverso seri cammini educativi.
 
Quando invece la campagna di finanziamento ad un progetto o ad una organizzazione si articola e si sviluppa all’interno di ragionamenti che pongono questioni sulle cause della povertà, del disagio, dell’emarginazione, dei conflitti sociali, delle guerre, delle scarsità croniche, allora essa diventa momento per la riflessione e per la presa di coscienza.
L’offerta economica al progetto diventa in questo caso segno di com-passione alle sofferenze degli ultimi, segno di partecipazione alle sfide del nostro tempo, risposta di responsabilità di ciascuno nei confronti dell’altro e della terra.
 

Se poi, attraverso tale strumento, vi fosse quanto meno la ricerca e lo sforzo da parte dell’ ONG di creare una relazione con la persona offerente, la campagna di finanziamento diventerebbe un vero strumento educativo capace di far rivivere, pur in quest’epoca, la solidarietà fattiva e la partecipazione ai drammi della gente come la risposta etica e pratica più sincera che le persone si possono dare l’una con l’altra.
Parte di un insieme più ampio di attenzioni e di programmi, che si indirizzano a quella educazione alla mondialità che sempre più significa oggi anche educazione all’interculturalità e alla pace.

Il nostro autofinanziamento ?
I fondi raccolti fino ad oggi … non bastano avendo deciso di dare loro delle case permanenti costruite in cemento armato anzichè capanne tradizionali in legno e paglia, soggette all'usura delle condizioni climatiche.

Anche se per il futuro, una volta avviato il villaggio, contiamo di raggiungere l'autosostentamento.

Ciò che preoccupa è il calo della raccolta avvenuto dopo una brillante partenza.

-E’ vero che un anno fà tutti gli aiuti sono stati rivolti alla tragedia del maremoto nel sud-est-asiatico…

-E’ vero che la legge “più dai meno versi” favorisce la raccolta, … ma anche quella per i bisogni nazionali, … e anche nella guerra dei poveri vince chi è più ricco, ossia chi ha più disponibilità economiche da investire per l’immagine …
Ognuno ha la sua giusta causa per la quale battersi …e la propria giustificazione a farlo… specie se pensa, o gli fanno credere in tutti i modi, di essere “povero” incrementando un consumismo che va oltre al "necessario"… "Dolce Morte". Qui si chiede solo di vivere; neppure una "Dolce Vita".

-E' vero che questo nostro modo di operare può risultare inusuale per gli "addetti ai lavori" ...

Comunque, resta vero che quanto abbiamo raccolto … non basta, anche se ce ne servono ancora relativamente pochi …

Il Modello di Donatore che auspichiamo ?

- Vorremmo, come dire, essere selettivi verso la qualità del nostro donatore-sostenitore. anche se di fatto accettiamo tutto da tutti.
- Cerchiamo e chiediamo al donatore una partecipazione al progetto che non sia di pura elargizione econoica … lo vogliamo coinvolto. Deve respirare la dignità e la cultura di questa gente Borana… deve arrivare a fare ciò che può (anche nulla e … soffrirne per questo) come se lo facesse (o non potesse farlo) per un suo carissimo amico, o un suo parente … i Borana sono nostri parenti, nella visione “africana” di una famiglia allargata che comprenda ogni Uomo.

Queste sono le vere ragioni del perché siamo qui a cercare i donatori che vorremmo avere; ..… perché crediamo che tra voi, che siete rimasti a leggere queste righe fino a questo punto, vi siano delle realtà (voi e le vostre attività) che:
• guardano al futuro
• credono nell’investimento in solidarietà
• credono nella responsabilità sociale dell’impresa
• vogliono associare la propria immagine al volontariato internazionale
• vogliono investire nell’aiuto all’auto-sostentamento degli altri
• credono nella partnership con il “non profit”
• credono nella convenienza del fare “sistema” tutti insieme

Siamo degli illusi sognatori ?
No, abbiamo fiducia nell’Uomo e nell’Umanità.
Abbiamo fede, e li riponiamo la nostra speranza: nella legge naturale, quella "geneticamente" presente in ogni essere Umano.

Sololo, anno 2006 ... da agosto stiamo costruendo !!!

Cosa potrà accadere nel prossimo futuro ?
Sololo, anno 2007
- Se il progetto verrà finanziato solo da donatori privati,
si consegneranno al CIPAD (controparte locale) le strutture minime per poter essere attivato e si continuerà la crescita delle costruzioni in funzione della raccolta fondi ottenute di volta in volta.
In questo caso, tutto sarà gestito fin dall’inizio dal solo CIPAD e noi supporteremo sempre il CIPAD in funzione della raccolta fondi che avremo raggiunto.(E’ questa l’ipotesi di minima chiamata:”Dare un tetto”)
In questo modo loro continueranno la vita di sempre, in costruzioni permanenti di cemento armato, con l'unica economia di bestiame che hanno a disposizione.
- Se il progetto completo verrà finanziato da qualcuno dei Grandi Donatori Istituzionali,
si realizzerà tutto quanto descritto in dettaglio nel Progetto completo. (E’ questa un'utopia che esprime l’ipotesi di massima chiamata: ”Progetto Utopico”_)
In qusto caso, si potranno sperimentare economie alternative a quella nota di bestiame, che consentano alle persone di sopravvivere nei periodi di moria delle bestie, che sono condizionati dalle cicliche situazioni ambientali.
Questo consentirebbe di bloccare l'altalenarsi della popolazione tra i periodi di condizioni disperate di emergenza e quelli di dignitosa povertà, fissandoli su quest'ultimi.
Ritengo che:
tra le due ipotesi ce ne siano altre infinite e più realistiche che sono da disegnarsi di volta in volta a misura del donatore, semplicemente attingendo e riducendo dall’allegato “Progetto Utopico” (è sempre più facile togliere piuttosto che aggiungere).
Ossia frazionare il progetto in parti da assegnare al donatore in misura della sua capacità e volontà d'intervento.
 
Cosa accade?
Sololo, anno 2008
il progetto continua ancora oggi ad essere finanziato solo da donatori privati
Un ulteriore significativo ritardo nel nostro progetto è stato correlato a quanto è avvenuto nella nazione dopo le elezioni del dicembre 2007.
Le nostre intenzioni sono, quanto prima, di:
ultimare le infrastrutture di minima per l'accoglienza di 20 ospiti - consegnare l'opera al CIPAD - prestare assistenza e continuare le costruzioni in ragione della raccolta fondi che si otterrà.
(vedi Rapporti Periodici)